un itinerario fiorentino con una guida d'eccezione: Dante Alighieri.
Ho cominciato a leggere la Divina Commedia da adolescente, sui banchi di scuola come un po' tutti i ragazzi italiani. Solo che a me piaceva e così ho continuato.
Mi appassionavano i grandi personaggi dell'Inferno, da Caron dimonio e i suoi occhi di bragia al magnanimo Farinata, il solo che difese Fiorenza a viso aperto quando stava per essere spazzata via dai ghibellini. Ma mi divertivo anche con i gestacci osceni del ladro Vanni Fucci e con le sonorità scurrili di quegli impertinenti dei Malebranche.
L'Inferno era per me un grande palcoscenico sul quale si avvicendavano personaggi d'ogni risma che accendevano la mia fantasia di ragazzo. Ma il protagonista principale restava sempre Dante.
Poi ho cominciato ad apprezzare anche il Purgatorio, le sue atmosfere crepuscolari, i suoi personaggi dipinti su tela piuttosto che scolpiti nella pietra.
Alcuni canti del Paradiso mi lasciano ancora qualche difficoltà, sebbene i tre di Cacciaguida li abbia mandati praticamente a memoria.
La Firenze di Cacciaguida, dentro de la cerchia antica, era già in via d'estinzione ai tempi di Dante, così come è difficile rintracciare oggi la Firenze dantesca. Fra la seconda metà del Duecento e l'inizio del Trecento Firenze conobbe uno sviluppo prodigioso. Specchio di questo boom economico medievale sponsorizzato dal fiorino d'oro furono i primi grandi monumenti pubblici che andarono a sovrapporsi e in certi casi a sostituire il vecchio tessuto urbano impostato sulle case torri, con le sue anguste piazzette e i vicoli senza cielo.
Dante assiste attonito. Il Bargello, il duomo nuovo, il palazzo dei Priori, le grandi chiese conventuali e il nuovo enorme giro di mura sono solo i segni più eclatanti di questa prima fase di trasformazione urbanistica, cui seguirà poi la seconda nel secolo successivo che darà alla città il suo aspetto definitivo.
O almeno così sembrava. Per un bel po' di secoli infatti le due anime di Firenze, quella medievale e quella rinascimentale, hanno convissuto sotto lo stesso cielo. Poi il piccone ha cominciato a colpire duro. Tutta la zona del mercato vecchio, il cuore della vecchia Firenze, venne cancellata sul finire dell'800; molte strade vennero allargate, gran parte delle mura distrutte e altre demolizioni seguirono poi negli anni anni '30, stavolta nel quartiere di Santa Croce. La modernità esigeva il suo pedaggio di brutture e la parola d'ordine era "risanamento".
Se però della Firenze di Dante è rimasto di fatto ben poco il genius loci, lo spirito dei luoghi dove la voce del Poeta ancora sona, non è del tutto scomparso. Questo è l'indizio che ho seguito.
Proprio i tre canti di mezzo paradiso, così pieni di immagini di Firenze, mi hanno convinto che fosse possibile legare poesia, storia e fotografie in un racconto come questo.
La poesia è quella della Divina Commedia; la storia è quella di Dante, che fatalmente s'intreccia con quella della sua città; le fotografie ritraggono orizzonti fiorentini, ora ampi ora minimi, cercando di star dietro con l'obiettivo a quella storia, a quella poesia.
Tanto poi con Dante si fa sempre bella figura...